Tutti gli articoli di Giorgio Gabriele Lodolo

Ricordando Marzio Strassoldo

Strassoldo e la questione autonomista

Il percorso politico-culturale di Marzio Strassoldo si evolve nell’arco di circa 25 anni di vita pubblica caratterizzata da due periodi fondamentali: il periodo universitario svolto come rettore dal 1992 al 2001 ed il periodo politico come presidente della provincia di Udine fra il 2001 e il 2007 quando un’incresciosa inchiesta giudiziaria tronca il suo mandato obbligandolo a dimettersi. Uscito dalla fase politica dedica le sue energie allo sviluppo del Movimento Identità e Innovazione, stimola l’attività del CIRF (Centro interdipartimentale per la ricerca sulla lingua friulana) getta le basi per la costituzione della Società Scientifica e Tecnologica Friulana (SSTF) contribuisce allo sviluppo di una intensa attività editoriale con la rivista bilingue “Gional Furlan des Sciencis, che diffonde articoli scientifici in lingua friulana e inglese, la rivista Cil & Tiere più divulgativa ed il foglio on line “Gnovis” uno strumento importante di aggiornamento politico e culturale dei fatti regionali. La disavventura politica non ha oscurato il contributo di Marzio alla causa autonomista friulana basata su una lucida visione di una strategia di sviluppo globale ma al tempo stesso rispettosa della componente locale non dimenticando che le persone che vivono in questa regione sono il frutto di retaggi culturali, familiari e territoriali inscindibili fra loro.

Del periodo universitario si ricorda l’approvazione dello Statuto che avvia un ampio processo di normazione subordinata: i regolamenti generali, i regolamenti delle facoltà e dei dipartimenti, i regolamenti attuativi, la crescita edilizia, l’espansione della offerta didattica che hanno portato l’ateneo udinese a superare per iscrizioni quello triestino. Il contributo di Marzio allo sviluppo della Università friulana è stato sintetizzato dal Rettore Prof. De Toni che obiettivamente lo ha riconosciuto come uno dei principali responsabili del progresso economico e sociale non solo dell’ateneo ma di tutta la regione friulana, elaborando un modello inedito di valori identitari, tutela della lingua friulana progresso scientifico e umanistico come elementi di coesione e identificazione della società friulana. A Marzio è stato riconosciuto il merito di avere attuato un modello di Flagship Universiy americana impegnata nell’acquisizione del prestigio internazionale basato sui parametri di eccellenza della ricerca ma con la mission di servire la comunità locale contribuendo al suo sviluppo nei settori dell’agricoltura industria e servizi. Identità e innovazione sono divenute pertanto le parole chiave e assiomi di una strategia di sviluppo economico politico e sociale le cui principali tappe sono: 1995, fondazione del Centro interdipartimentale di ricerca sulla cultura e la lingua del Friuli e la costituzione di Friuli Formazione; 1999, fondazione del consorzio Friuli Innovazione, il parco scientifico e tecnologico destinato a incubare imprese di nuova costituzione da parte di imprenditori e ricercatori friulani. Nella sua visione strategica, questi tre enti, devono interagire con l’università per promuovere occupazione per giovani laureati che rappresentano il capitale umano dello sviluppo regionale, mentre oggi con gelida incoscienza alcuni politici ne auspicano l’emigrazione. Alessio Fornasin, demografo dell'Università di Udine ha rilevato che il FVG, e l'intera nazione italiana, a differenza di altri Paesi 'importano' sintetizza questo dramma:” persone di basso livello di istruzione sostituiscono le eccellenze “made in Friul” con la cosiddetta 'fuga dei cervelli' che dal 2004 al 2010 è cresciuta dal 7 al 12,9 per cento. Peccato che Marzio non potrà assistere al G7 delle Università a Udine nei giorni 29 e 30 giugno 2017 che avrebbe dimostrato come questa relativamente piccola università friulana abbia potuto crescere e imporsi come ateneo di riferimento per la globalizzazione del sapere.

La seconda fase è il progetto politico autonomista di Marzio fondato istituzionalmente sui titolo 5° e l’articolo 6 della costituzione e sul dibattito storico svolto all’interno della regione. Il titolo 5° prevede l’autonomia amministrativa di Comuni, Province e Città metropolitane ed ammette che le Regioni abbiano una propria autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Questo principio non ha mai trovato piena applicazione nel nostro ordinamento a causa del divario di sviluppo fra le regioni italiane sostituendolo col principio della solidarietà che sopprime la sussidiarietà. Ne è conferma la recente iniziativa del sindaco di Rivignano-Teor, Mario Anzil che sulla separazione fra Udine e Trieste ha raccolto un grande consenso fra le varie correnti del movimento autonomista fra cui citiamo: Identità e Innovazione, Movimento Autonomista Friulano, gli indipendentisti del Front Furlan e di Repubbliche Furlane, Patrie Furlane. Il Consiglio regionale l’ha rigettata dimostrando ancora una volta come i poteri forti dei partiti tradizionali abbiano la meglio sui gruppi autonomisti per inconsistenza numerica. L’art. 6 prevede la tutela delle minoranze linguistiche rappresentative di minoranze etniche e culturali, diffuse su tutto il territorio ma insediate con maggiore tutela su specifiche realtà regionali come la Valle d’Aosta, l’Alto Adige. Esso si collega all’articolo 5 relativo alle autonomie territoriali e al principio generale dell’articolo 2 che tutela le formazioni sociali come comunità intermedie tra i singoli e la Repubblica. Il combinato disposto degli artt. 5 e 6 della Costituzione italiana (quest'ultimo articolo ha anche trovato attuazione nella Legge 482/99) sancisce la diversità linguistica del friulano (nelle sue varianti locali), un elemento fondamentale della Specialità regionale lo sloveno e il tedesco riconosciute e tutelate come lingue minoritarie storiche. Il terzo punto trae spunto dal lungo percorso di elaborazione dell’idea autonomista friulana inizia dal 1945 e concretizzatasi nella proposta di due entità giuridicamente autonome: il Friuli comprendente le tre province attuali, governata con risorse proprie sulla base di elementi di sussidiarietà e la città metropolitana di Trieste comprendente la provincia di Trieste. L’elaborazione della proposta è opera di illustri pensatori e politici che si sono succeduti dal 45 ad oggi (vedi Collana di studi sull'autonomismo, diretta da Gianfranco Ellero e Geremia Gomboso, dedicata alle personalità più significative del movimento autonomistico friulano) fra le quali si citano: Fausto Schiavi, (presidente del Movimento Friuli dal '67 al '72) Gino Di Caporiacco,( sulla questione del "matrimonio forzato" tra il Friuli e la Venezia Giulia ed il figlio Alberto di Caporiacco), Tiziano Tessitori, (uno dei padri dell'autonomismo friulano del secondo dopoguerra e, assieme a Marchetti, una della figure più importanti del '900 in Friuli). Arnaldo Baracetti, (difensore della specialità e riconoscimento ufficiale della lingua friulana e per l'istituzione dell'Università del Friuli).don Francesco Placereani, ispiratore della 'Mozione del Clero per lo sviluppo sociale del Friuli' e traduttore, assieme a don Antonio Bellina, della Bibbia in marilenghe. Famoso il suo messsaggio: I furlans an da vé la cussience di jessi un Popul, di vè  une muse diferente di chei altris, nol vûl dì sieràsi dentri tal curtilut di cjase, ma spalancà i puartons di ogni bande ae int di dutis li sbandis. Altri autorevoli esponenti sono: Nelso Tracanelli, don Giuseppe Marchetti, Pier Paolo Pasolini, mons. Luigi Faidutti, Giuseppe Gentilli, Faustino Barbina,( battaglia per l'autonomia del Friuli e per il riconoscimento di Udine quale capitale della Regione) Luigi Ciceri, Luigi De Biasio e Chino Ermacora.( con Tessitori, D’Aronco e Pasolini, uno dei sostenitori dal 1945, della Regjone autonoma dal Friûl.. Il rimpianto di Marzio è che i friulani non abbiano saputo concretizzare il messaggio autonomista in un partito come in Alto Adige con la Südtiroler Volkspartei, in Trentino con il Partito Autonomista Trentino Tirolese e l’Unione per il Trentino, in Val d’Aosta con la Union Valdotaine, in Sardegna il Partito sardo d’Azione, in Sicilia il Movimento per le Autonomie. Tre grandi conquiste sono state realizzate a partire dal 1976. La ricostruzione postsisma, che ha rivelato un senso di grande coesione, di capacità progettuale, di disciplina organizzativa impensabile in altre regioni italiane. IL secondo è la nascita e lo sviluppo della Università friulana un potente strumento di sviluppo scientifico e culturale di cui hanno beneficiato imprese operanti in settori diversificati che ha contribuito dal punto di vista intellettuale ad allargare gli orizzonti e comprendere la necessità dell’adattamento al cambiamento. Il terzo punto è la riscoperta della lingua friulana come collante della comunità che altrimenti si sarebbe sfaldata ed avrebbe ceduto più rapidamente alle opportunità della globalizzazione. La lingua è certamente un collante importante dell'identità comunitaria ma non solo. Un approfondimento scientifico in tal senso è stato offerto dalle iniziative di Marzio per incentivare ricerche sulla lingua friulana non solo in ambito letterario o filologico ma anche scientifico e commerciale. Un filone importante in cui Marzio ha creduto è il marketing della comunicazione in lingua friulana partendo dal presupposto che lo scambio commerciale è anche una espressione relazionale in cui la soddisfazione stimolata da bisogni primari ed edonistici contribuisce alla scelta del consumatore sui beni realizzati con attività locali. L’ultimo libro di Marzio presentato qualche settimana fa dal titolo “Economia delle minoranze linguistiche” ribadisce in forma più ampia questo concetto aggiungendo motivazioni sociali a quelle economiche che hanno a che fare con i sentimenti della popolazione. Le trasformazioni che si verificano nelle basi economiche delle minoranze linguistiche e nella rete di rapporti economici in cui esse vengono inserite giocano un ruolo importante e creano difficoltà alla conservazione delle caratteristiche identitarie ed alle connotazioni linguistiche originarie di una comunità.

Sulla specialità regionale, Marzio aveva capito che le giustificazioni storiche, territoriali o economiche non erano sufficienti a dare consistenza giuridica alla specialità friulana. Aveva quindi puntato sulla lingua di cui aveva inteso le due funzioni fondamentali: la tutela delle comunità storiche locali che nella regione sono tre: slovena, tedesca e friulana e la capacità di rivendicare a livello internazionale con la lingua la propria autonomia. Un merito di Marzio che molti hanno sottovalutato è stato quello di mobilitare ai tempi in cui era rettore esperti di lingue per un lavoro di uniformizzazione della lingua friulana sul principio che ogni lingua, deve possedere una coinè di riferimento ed una grafia comune. Nel 1985 la elaborazione della Koiné viene affidata ad un arbitro esterno, il prof. Lamuela, catalano, professore di filologia romanza presso l’Università Autonoma di Barcellona, ed esperto di lingua friulana. La elaborazione di Lamuela si basò sul contributo primario della Commissione e delle associazioni e degli scrittori friulani, con delle soluzioni originali del prof. Lamuela stesso. La proposta di Lamuela (“La grafie furlane normalizade”) fu approvata dal Consiglio della Provincia di Udine nel 1996, poi con Decreto del Presidente della Giunta Regionale nel 1996 e con legge regionale (con alcune modifiche) nel 1998 conferendo al friulano la dignità di lingua. Le iniziative a supporto della diffusione di lingue minoritarie furono molte, cito un convegno sull’art 6 relativo la legislazione nazionale sulle minoranze linguistiche e sulla legge 482 organizzato dal Centro internazionale sul plurilinguismo nel 2001 diretto da Vincenzo Orioles e dall’Università di Udine, in sala Ajace di palazzo D'Aronco a Udine. Una seconda iniziativa realizzata nel 2002 si svolse presso la Provincia di Udine con il convegno internazionale “Lingue minoritarie e Identità Locali” a cui parteciparono i rappresentanti di numerose minoranze linguistiche europee in cui la lingua locale era trattata come strumento di sviluppo economico.

Conclusione

Il cruccio di Marzio era come mai il Friuli non fosse stato in grado di costituire un forte movimento autonomista in grado di valorizzare le risorse del suo popolo attraverso un regime di forte autonomia, non soggetta ai vincoli economici e finanziari imposti dallo stato. Egli continuava nello sforzo di individuare le cause di questi limiti alle forti pulsioni autonomiste e la necessità di organizzare le forze in grado di esercitare un ruolo di qualche importanze nelle istituzioni pubbliche regionali. Fra le diverse che aveva individuato si citano: i) l’assenza di un retroterra culturale e di una rete associativa che potesse costituire il vivaio di quadri autonomisti disponibili a spendersi attivamente in politica; ii) l’assenza di un tessuto di associazioni culturali dirette a valorizzare la lingua e la cultura friulana; la scarsa capacità critica di analizzare il rapporto società-autonomismo rispondendo ai bisogni del territorio in forte cambiamento, utilizzando maggiormente le istituzioni culturali presenti in regione. La stessa Società Filologica, per quanto abbia svolto un importante lavoro per la cultura e la lingua, non si è mai dedicata all’approfondimento di queste tematiche autonomiste.

La mera rivendicazione degli aspetti linguistici o di una generica specialità non sono adeguati alla formazione di un forte movimento politico che deve avere una componente ideologica, un riferimento economico, una struttura logistica, una capacità dialettica ed una rappresentanza politica per poter offrire attrattive ai propri elettori convincendoli della capacità di esercitare un ruolo progettuale e non meramente dialettico. Se non si propongono strategie di fondo basate sulla evoluzione storica del movimento, alla prima occasione esploderanno le contraddizioni interne, i soggettivismi e le antipatie oggi visibili in tutti i partiti.

Noi ricorderemo Marzio per quanto ha fatto (e forse non riconosciuto) per questa regione dedicando le sue energie al progresso di una popolazione in cui genuinamente credeva aiutandola a progredire quando è stato all’università, quando si è speso nella politica e quando ha sviluppato sul piano culturale e storico sforzandosi di dare alla popolazione friulana la dignità e l’orgoglio che solo una persona dotata di una squisita cultura e generosità (qualità ormai rare) sa fare.

articolo a cura del professor Franco Rosa

Devastazione istituzionale

Quando il ciclo politico di Renzi e della Serracchiani sarà giunto a esaurimento, chi dovrà riprendere in mano le sorti dell’Italia e della Regione si troverà di fronte al deserto istituzionale. Il sistema dei corpi intermedi e delle istituzioni rappresentative delle comunità locali, territoriali ed economiche sarà distrutto o fortemente devastato da riforme il cui intento è quello del rafforzamento dei poteri centrali, siano essi o romani o triestini. A livello nazionale si sono demolite le province, viene lanciato un processo di soppressione dei piccoli comuni e delle comunità montane, si costruiscono le premesse, con il dimezzamento dei diritti camerali a carico delle imprese, della soppressione delle camere di commercio, ci si appresta ad attaccare le regioni a statuto speciale, che solo le dimensioni della Sicilia e gli agganci internazionali del Sudtirolo riusciranno forse a scongiurare, si aggrediscono le Regioni che con la loro aggregazione in macroregioni saranno ridotte ad inutili enti di programmazione che poi saranno condannati allo svuotamento e alla soppressione, si tolgono competenze alle Regioni per riportarle ai Ministeri, si abbandona ogni progetto di trasformazione dell’Italia da Stato centralistico a Stato a robusto impianto federale. Il tutto in nome dell’efficienza, della rapidità delle decisioni e dell’economizzazione delle risorse. La falsa efficienza dei regimi burocratici e tecnocratici rischia di imporre una cappa impenetrabile ed opprimente su di una società democratica e pluralistica. Analoghe dinamiche vanno producendosi a cura della seguace romana del disinvolto politico fiorentino. Nello sforzo di essere la prima della classe e di accompagnare o possibilmente anticipare le mosse devastando il tessuto istituzionale ed economico della nostra Regione. Si dovevano abolire le Province che nella nostra realtà rappresentano un efficace fattore di coesione territoriale e di erogazione dei servizi di area vasta in una regione che malgrado le sue contenute dimensioni presenta forti disomogeneità interne, sia dal punto di vista ambientale, sia culturale, sia economico. Si dovevano sopprimere le Comunità montane che rappresentano un importante strumento di promozione dello sviluppo economico e di erogazione di servizi in territori così difficili come quelli della montagna friulana, malgrado alcune esigenze di riforma dei vertici di governo. Si deve premere verso la fusione dei piccoli comuni, strumento di partecipazione e di erogazione dei servizi su misura delle popolazioni locali, oltre che rappresentanza degli interessi locali. Si devono unificare le camere di commercio, i consorzi industriali, le associazioni di categoria, gli enti fiera, le Università ed ogni altra istituzione di rappresentanza delle potenzialità e vocazioni locali. Si favoriscono i legami di collaborazione con il Veneto, come risulta dalla vicenda del tentativo di costituire una unica zona Doc delle Venezie per il Pinot grigio, per la quale non vi è uno straccio di motivazione che giustifichi vantaggi per la Regione. Si sostengono le iniziative di fusione con le grandi realtà economiche del Veneto e dell’Emilia, come dimostra dalla fusione dell’Amga di Udine con l’Era di Bologna e delle Latterie friulane con la Granarolo prima e con la Parmalat dopo. Si avviano processi di eliminazione dei corpi intermedi, delle istituzioni rappresentative delle comunità locali, di dipendenza dalle grandi realtà della pianura padana, in nome dell’efficienza, dell’economicità, di una supposta modernità, di una vantata lotta contro gli sprechi. A livello nazionale, invece di affrontare i veri problemi che rendono debole l’economia italiana, a causa della bassa produttività del lavoro, della modesta competitività del sistema delle imprese, della scarsa presenza di attività tecnologicamente avanzate, della inefficienza della struttura burocratica, di un sistema fiscale vessatorio e di un apparato giudiziario inefficiente e della debolezza degli investimenti in ricerca e in alta istruzione, ci si attarda su questioni di nessun interesse strategico quali la legge elettorale e il ridimensionamento del Senato. A livello regionale ci si dedica alle false riforme e ad una attività di scompaginamento delle strutture istituzionali esistenti. Che vanno profondamente riformate ma non certo distrutte, come si va facendo attualmente

La destrutturazione della Regione

Va avanti a passi da gigante un processo di completa destrutturazione della Regione, come del resto dell’intera Italia. Il gruppo politico che per una serie di inaspettate contingenze si è impadronito della Regione e del Paese non è sostenuto da alcun disegno politico
che non sia la conservazione del potere inaspettatamente conquistato attraverso la mera condiscendenza nei confronti delle più irrazionali pulsioni di una opinione pubblica che da decenni nessuno si è curato di formare e di informare. Crollate tutte le agenzie di socializzazione che nel passato svolgevano una meritoria opera di informazione della pubblica opinione e di formazione di una classe politica, emersa una società liquida orientata solo alla spettacolarizzazione della politica e alla affermazione di generalizzate nuove forme di invidia sociale, affermatesi con prepotenza nuove forme di comunicazione che esalta la capacità comunicative della rete, chi ci governa appare dedito ad inseguire o interpretare i messagi provenienti dall’opinione pubblica, senza individuare serie prospettive di riforma. In luogo di affrontare i reali problemi che coinvolgono il sistema economico, ci si concentra su temi che non sono in alcun modo in grado di far uscire il paese e la regione da un crisi gravissima. Ci si occupa di autoblu, di vitalizi, di leggi elettorali, di riforme del Senato, di riordino degli enti locali, di finanziamento ai partiti, di revisione del sistema sanitario, senza affrontare i problemi veri che sono quelli di un abbattimento dei costi di produzione, di
guadagno di compettività, di riduzione dei costi e dei consumi energetici, di digitalizzazione, di riforma della giustizia, di abbattimento dei costi della pubblica amministrazione, di semplificazione della legislazione, di decentramento delle responsabilità amministrative, di controllo democratico delle decisioni degli organi di governo, di rilancio degli impulsi imprenditoriali. E di fronte al vuoto di idee e alle carenze di capacità di progettazione che caratterizza la nostra classe politica regionale e nazionale, di fronte alla necessità di dimostrare le proprie capacità di riforma, ci si dedica ad operazioni di distruzione di strutture che pure hanno rivelato le proprie funzioni. In tutto il mondo esistono le Province. E noi, per accontentare una pubblica opinione fuorviata dalla iconoclastia di alcuni giornalisti di grido, le aboliamo. In tutto il mondo esistono strutture pubbliche o semi pubbliche di gestione, registrazione e assistenza al sistema delle imprese, le Camere di Commercio, e noi ci avviamo verso la sua distruzione. In tutti i paesi democratici i comuni sono le unità di base di una sana democrazia, e qui si ripercorrono le strade del fascismo che condusse alla soppressione di tanti comuni. Il Friuli ha percorso un itinerario di industrializzazione che si è basato sul risparmio di risorse territoriali reso possibile dalla costituzione di zone industriali che hanno limitato la proliferazione di stabilimenti industriali nelle campagne e la Regione si accinge ad abolire le strutture istituzionali che le governano. Abolite le comunità montane, indeboliti i comuni con la costituzione delle Unioni intercomunali, unificati i consorzi di ricerca: questi sono i piani dell’attuale Giunta regionale. Si lavora sia in Regione che nel Paese per una forte destrutturazione del territorio, con l’eliminazione di tutte le realtà intermedie che organizzano i servizi a livello di territorio, rappresentano le identità locali, realizzano la partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi alla gestione e al governo del territorio. Una devastante opera di distruzione di realtà istituzionali in nome della semplificazione, della compressione della spesa, della eliminazione di livelli di democrazia. Quando Serracchiani e Renzi se ne andranno, lasceranno dietro di loro il deserto. I loro sucessori saranno costretti a ricostruire un tessuto di istituzioni legate ai principi della partecipazione e della rappresentanza democratica. Soltanto va detto che sopprimere, sciogliere, disarticolare istituzioni che si sono formate spesso con un faticoso lavoro di organizzazione e di crescita è facile. Molto più difficile dedicarsi ad una ricostruzione, dopo che competenze saranno disperse, regole saranno soppresse, meccanismi di funzionamento si saranno dissolti.

Il 25 maggio ci saranno le elezioni comunali ed europee.

pontebba_tumbManca pochissimo all’appuntamento elettorale comunale e la vita politica Pontebbana non sembra in movimento anzi , o almeno così mi è sembrato. In realtà la ricerca di candidati per le liste, i contatti, ci sono e i pochi articoli pubblicati sui quotidiani locali segnalano, come punte di iceberg, che sotto sotto qualcosa cerca di emergere, ma non si manifesta. Le forze politiche agiscono attraverso riunioni ristrette e contatti personali così che, in questo modo una fase importante della vita democratica, come la scelta dei candidati, la formazione dei programmi e delle liste, che dovrebbe coinvolgere ampie fasce di cittadini, diventa una faccenda per pochi. In altri luoghi c’è chi si muove in modo diverso. A Tolmezzo, ad esempio, il centro sinistra ha organizzato le primarie e alle urne in due giorni si sono recate 512 persone,un’affluenza ritenuta notevole, accompagnata da un’elevata risonanza mediatica che ha informato e stimolato i cittadini alla partecipazione. A Pontebba invece, tutto tace; è una sorta di quiete prima della tempesta alla quale probabilmente assisteremo.

 

Il movimento autonomista friulano ” MAF ” si prepara alle elezioni

Comunicato

A Codroipo si è riunito il Consiglio Direttivo del Movimento Autonomista Friulano per gettare le basi per la costruzione di una lista autonomista alle prossime elezioni regionali. Presenti i rappresentanti dell’Udinese, del Friuli Occidentale, dell’Alto Friuli e del Friuli Isontino, il Presidente del Movimento Ing. Valeria Grillo ha riferito sui recenti contatti con  qualificati esponenti dell’autonomismo friulano e  con altri movimenti autonomisti. Con questi ultimi si sono concordate le linee per un’azione comune, fondato su un programma di rivendicazione della dignità del Friuli di fronte ai continui tentativi di negarne l’individualità e il diritto a percorrere autonomi itinerari di crescita.

Il nodo centrale della questione friulana consiste nella separazione tra Friuli e Trieste, secondo un modello che ha avuto successo nel Trentino-Alto Adige, nel rilancio dell’autonomia speciale contro

gli attacchi neocentralisti del Governo Monti, nella riforma della Regione secondo modelli autonomisti che si fondino sulla rigorosa e coerente applicazione del principio di sussidiarietà, nella rivalutazione delle autonomie locali costituite dai comuni e dalle Province, in una integrale applicazione  dei principi di tutela della minoranza linguistica friulana la cui esistenza in questa regione rappresenta la più convincente giustificazione del regime di autonomia differenziata che la Costituzione ha voluto garantire. La lotta allo spreco di risorse  pubbliche, ai privilegi concessi ad una classe politica priva del senso della dignità, la devastazione di risorse territoriali per la realizzazione di opere  pubbliche senza utilità e giustificazione, i legami di dipendenza e di sudditanza ai grandi poteri politici ed economici che si annidano a Roma, a Milano e a Trieste, rappresentano altrettanti elementi che giustificano una forte azione diretta al distacco del Friuli dalle altre realtà nazionali.

Le operazioni di travestimento delle diramazioni locali delle grandi forze nazionali non  dovranno  indurre in errore gli elettori friulani, che esprimeranno un giudizio chiaro sui maldestri tentativi di rivendicare una dignità del popolo friulano che è costantemente messa a repentaglio dalla sudditanza della classe politica regionale dimostrata nei confronti dei centri di potere triestini, romani e milanesi.

La convergenza con gli altri movimenti autonomisti è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Direttivo, che ha anche gettato le basi per una forte azione politica diretta ad una efficace partecipazione alle prossime elezioni regionali.

E’ stata decisa la costituzione di cinque gruppi di lavoro che riguarderanno i seguenti temi: programma, candidature, raccolta firme, comunicazione e finanziamento.

Udine 25 ottobre 2012

IL PRESIDENTE DEL MAF

Ing. Valeria Grillo