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In questa categoria vengono trattati argomenti correlati a politica locale, provinciale, regionale e nazionale

Devastazione istituzionale

Quando il ciclo politico di Renzi e della Serracchiani sarà giunto a esaurimento, chi dovrà riprendere in mano le sorti dell’Italia e della Regione si troverà di fronte al deserto istituzionale. Il sistema dei corpi intermedi e delle istituzioni rappresentative delle comunità locali, territoriali ed economiche sarà distrutto o fortemente devastato da riforme il cui intento è quello del rafforzamento dei poteri centrali, siano essi o romani o triestini. A livello nazionale si sono demolite le province, viene lanciato un processo di soppressione dei piccoli comuni e delle comunità montane, si costruiscono le premesse, con il dimezzamento dei diritti camerali a carico delle imprese, della soppressione delle camere di commercio, ci si appresta ad attaccare le regioni a statuto speciale, che solo le dimensioni della Sicilia e gli agganci internazionali del Sudtirolo riusciranno forse a scongiurare, si aggrediscono le Regioni che con la loro aggregazione in macroregioni saranno ridotte ad inutili enti di programmazione che poi saranno condannati allo svuotamento e alla soppressione, si tolgono competenze alle Regioni per riportarle ai Ministeri, si abbandona ogni progetto di trasformazione dell’Italia da Stato centralistico a Stato a robusto impianto federale. Il tutto in nome dell’efficienza, della rapidità delle decisioni e dell’economizzazione delle risorse. La falsa efficienza dei regimi burocratici e tecnocratici rischia di imporre una cappa impenetrabile ed opprimente su di una società democratica e pluralistica. Analoghe dinamiche vanno producendosi a cura della seguace romana del disinvolto politico fiorentino. Nello sforzo di essere la prima della classe e di accompagnare o possibilmente anticipare le mosse devastando il tessuto istituzionale ed economico della nostra Regione. Si dovevano abolire le Province che nella nostra realtà rappresentano un efficace fattore di coesione territoriale e di erogazione dei servizi di area vasta in una regione che malgrado le sue contenute dimensioni presenta forti disomogeneità interne, sia dal punto di vista ambientale, sia culturale, sia economico. Si dovevano sopprimere le Comunità montane che rappresentano un importante strumento di promozione dello sviluppo economico e di erogazione di servizi in territori così difficili come quelli della montagna friulana, malgrado alcune esigenze di riforma dei vertici di governo. Si deve premere verso la fusione dei piccoli comuni, strumento di partecipazione e di erogazione dei servizi su misura delle popolazioni locali, oltre che rappresentanza degli interessi locali. Si devono unificare le camere di commercio, i consorzi industriali, le associazioni di categoria, gli enti fiera, le Università ed ogni altra istituzione di rappresentanza delle potenzialità e vocazioni locali. Si favoriscono i legami di collaborazione con il Veneto, come risulta dalla vicenda del tentativo di costituire una unica zona Doc delle Venezie per il Pinot grigio, per la quale non vi è uno straccio di motivazione che giustifichi vantaggi per la Regione. Si sostengono le iniziative di fusione con le grandi realtà economiche del Veneto e dell’Emilia, come dimostra dalla fusione dell’Amga di Udine con l’Era di Bologna e delle Latterie friulane con la Granarolo prima e con la Parmalat dopo. Si avviano processi di eliminazione dei corpi intermedi, delle istituzioni rappresentative delle comunità locali, di dipendenza dalle grandi realtà della pianura padana, in nome dell’efficienza, dell’economicità, di una supposta modernità, di una vantata lotta contro gli sprechi. A livello nazionale, invece di affrontare i veri problemi che rendono debole l’economia italiana, a causa della bassa produttività del lavoro, della modesta competitività del sistema delle imprese, della scarsa presenza di attività tecnologicamente avanzate, della inefficienza della struttura burocratica, di un sistema fiscale vessatorio e di un apparato giudiziario inefficiente e della debolezza degli investimenti in ricerca e in alta istruzione, ci si attarda su questioni di nessun interesse strategico quali la legge elettorale e il ridimensionamento del Senato. A livello regionale ci si dedica alle false riforme e ad una attività di scompaginamento delle strutture istituzionali esistenti. Che vanno profondamente riformate ma non certo distrutte, come si va facendo attualmente

La destrutturazione della Regione

Va avanti a passi da gigante un processo di completa destrutturazione della Regione, come del resto dell’intera Italia. Il gruppo politico che per una serie di inaspettate contingenze si è impadronito della Regione e del Paese non è sostenuto da alcun disegno politico
che non sia la conservazione del potere inaspettatamente conquistato attraverso la mera condiscendenza nei confronti delle più irrazionali pulsioni di una opinione pubblica che da decenni nessuno si è curato di formare e di informare. Crollate tutte le agenzie di socializzazione che nel passato svolgevano una meritoria opera di informazione della pubblica opinione e di formazione di una classe politica, emersa una società liquida orientata solo alla spettacolarizzazione della politica e alla affermazione di generalizzate nuove forme di invidia sociale, affermatesi con prepotenza nuove forme di comunicazione che esalta la capacità comunicative della rete, chi ci governa appare dedito ad inseguire o interpretare i messagi provenienti dall’opinione pubblica, senza individuare serie prospettive di riforma. In luogo di affrontare i reali problemi che coinvolgono il sistema economico, ci si concentra su temi che non sono in alcun modo in grado di far uscire il paese e la regione da un crisi gravissima. Ci si occupa di autoblu, di vitalizi, di leggi elettorali, di riforme del Senato, di riordino degli enti locali, di finanziamento ai partiti, di revisione del sistema sanitario, senza affrontare i problemi veri che sono quelli di un abbattimento dei costi di produzione, di
guadagno di compettività, di riduzione dei costi e dei consumi energetici, di digitalizzazione, di riforma della giustizia, di abbattimento dei costi della pubblica amministrazione, di semplificazione della legislazione, di decentramento delle responsabilità amministrative, di controllo democratico delle decisioni degli organi di governo, di rilancio degli impulsi imprenditoriali. E di fronte al vuoto di idee e alle carenze di capacità di progettazione che caratterizza la nostra classe politica regionale e nazionale, di fronte alla necessità di dimostrare le proprie capacità di riforma, ci si dedica ad operazioni di distruzione di strutture che pure hanno rivelato le proprie funzioni. In tutto il mondo esistono le Province. E noi, per accontentare una pubblica opinione fuorviata dalla iconoclastia di alcuni giornalisti di grido, le aboliamo. In tutto il mondo esistono strutture pubbliche o semi pubbliche di gestione, registrazione e assistenza al sistema delle imprese, le Camere di Commercio, e noi ci avviamo verso la sua distruzione. In tutti i paesi democratici i comuni sono le unità di base di una sana democrazia, e qui si ripercorrono le strade del fascismo che condusse alla soppressione di tanti comuni. Il Friuli ha percorso un itinerario di industrializzazione che si è basato sul risparmio di risorse territoriali reso possibile dalla costituzione di zone industriali che hanno limitato la proliferazione di stabilimenti industriali nelle campagne e la Regione si accinge ad abolire le strutture istituzionali che le governano. Abolite le comunità montane, indeboliti i comuni con la costituzione delle Unioni intercomunali, unificati i consorzi di ricerca: questi sono i piani dell’attuale Giunta regionale. Si lavora sia in Regione che nel Paese per una forte destrutturazione del territorio, con l’eliminazione di tutte le realtà intermedie che organizzano i servizi a livello di territorio, rappresentano le identità locali, realizzano la partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi alla gestione e al governo del territorio. Una devastante opera di distruzione di realtà istituzionali in nome della semplificazione, della compressione della spesa, della eliminazione di livelli di democrazia. Quando Serracchiani e Renzi se ne andranno, lasceranno dietro di loro il deserto. I loro sucessori saranno costretti a ricostruire un tessuto di istituzioni legate ai principi della partecipazione e della rappresentanza democratica. Soltanto va detto che sopprimere, sciogliere, disarticolare istituzioni che si sono formate spesso con un faticoso lavoro di organizzazione e di crescita è facile. Molto più difficile dedicarsi ad una ricostruzione, dopo che competenze saranno disperse, regole saranno soppresse, meccanismi di funzionamento si saranno dissolti.

Il 25 maggio ci saranno le elezioni comunali ed europee.

pontebba_tumbManca pochissimo all’appuntamento elettorale comunale e la vita politica Pontebbana non sembra in movimento anzi , o almeno così mi è sembrato. In realtà la ricerca di candidati per le liste, i contatti, ci sono e i pochi articoli pubblicati sui quotidiani locali segnalano, come punte di iceberg, che sotto sotto qualcosa cerca di emergere, ma non si manifesta. Le forze politiche agiscono attraverso riunioni ristrette e contatti personali così che, in questo modo una fase importante della vita democratica, come la scelta dei candidati, la formazione dei programmi e delle liste, che dovrebbe coinvolgere ampie fasce di cittadini, diventa una faccenda per pochi. In altri luoghi c’è chi si muove in modo diverso. A Tolmezzo, ad esempio, il centro sinistra ha organizzato le primarie e alle urne in due giorni si sono recate 512 persone,un’affluenza ritenuta notevole, accompagnata da un’elevata risonanza mediatica che ha informato e stimolato i cittadini alla partecipazione. A Pontebba invece, tutto tace; è una sorta di quiete prima della tempesta alla quale probabilmente assisteremo.

 

Il movimento autonomista friulano ” MAF ” si prepara alle elezioni

Comunicato

A Codroipo si è riunito il Consiglio Direttivo del Movimento Autonomista Friulano per gettare le basi per la costruzione di una lista autonomista alle prossime elezioni regionali. Presenti i rappresentanti dell’Udinese, del Friuli Occidentale, dell’Alto Friuli e del Friuli Isontino, il Presidente del Movimento Ing. Valeria Grillo ha riferito sui recenti contatti con  qualificati esponenti dell’autonomismo friulano e  con altri movimenti autonomisti. Con questi ultimi si sono concordate le linee per un’azione comune, fondato su un programma di rivendicazione della dignità del Friuli di fronte ai continui tentativi di negarne l’individualità e il diritto a percorrere autonomi itinerari di crescita.

Il nodo centrale della questione friulana consiste nella separazione tra Friuli e Trieste, secondo un modello che ha avuto successo nel Trentino-Alto Adige, nel rilancio dell’autonomia speciale contro

gli attacchi neocentralisti del Governo Monti, nella riforma della Regione secondo modelli autonomisti che si fondino sulla rigorosa e coerente applicazione del principio di sussidiarietà, nella rivalutazione delle autonomie locali costituite dai comuni e dalle Province, in una integrale applicazione  dei principi di tutela della minoranza linguistica friulana la cui esistenza in questa regione rappresenta la più convincente giustificazione del regime di autonomia differenziata che la Costituzione ha voluto garantire. La lotta allo spreco di risorse  pubbliche, ai privilegi concessi ad una classe politica priva del senso della dignità, la devastazione di risorse territoriali per la realizzazione di opere  pubbliche senza utilità e giustificazione, i legami di dipendenza e di sudditanza ai grandi poteri politici ed economici che si annidano a Roma, a Milano e a Trieste, rappresentano altrettanti elementi che giustificano una forte azione diretta al distacco del Friuli dalle altre realtà nazionali.

Le operazioni di travestimento delle diramazioni locali delle grandi forze nazionali non  dovranno  indurre in errore gli elettori friulani, che esprimeranno un giudizio chiaro sui maldestri tentativi di rivendicare una dignità del popolo friulano che è costantemente messa a repentaglio dalla sudditanza della classe politica regionale dimostrata nei confronti dei centri di potere triestini, romani e milanesi.

La convergenza con gli altri movimenti autonomisti è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Direttivo, che ha anche gettato le basi per una forte azione politica diretta ad una efficace partecipazione alle prossime elezioni regionali.

E’ stata decisa la costituzione di cinque gruppi di lavoro che riguarderanno i seguenti temi: programma, candidature, raccolta firme, comunicazione e finanziamento.

Udine 25 ottobre 2012

IL PRESIDENTE DEL MAF

Ing. Valeria Grillo

 

Alla vigilia delle elezioni tutti diventano autonomisti

Comunicato da www.frontefriulano.org

Facendo riferimento ad un articolo pubblicato nei giorni scorsi nel Messaggero Veneto e dal titolo “Il Popolo del FVG a sostegno di Tondo e della Specialità” nel quale Il consigliere PDL Alessandro Colautti suggerisce al presidente Tondo di allargare agli la nascente Lista Civica del presidente agli Autonomisti, noi Autonomisti ed Indipendentisti veri, siamo qui a sgombrare qualsiasi tipo di dubbio e qualsiasi ipotesi di trasformismo “politico” che di politico non ha nulla se non di nascondere un operazione tesa a raschiare il fondo del barile per ingannare gli elettori. Ci sono due formazioni di ispirazione autonomista ed indipendentista ad aver garantito negli ultimi anni una presenza nel territorio oltre che ad aver partecipato alle ultime consultazioni elettorali, Il Movimento Autonomista Friulano ed il Front Furlan. Ebbene, recentemente MAF è Front Furlan hanno convenuto che sia giunto il momento di mettere da parte i rispettivi vessilli per costruire qualcosa di più grande e rappresentativo nel solo interesse del Friuli e dei Friulani che non si riconoscono in questa politica malsana e controllata in modo piramidale dai partiti. Uno dei punti fondanti di questo accordo amministrativo sta proprio nel non cercare e nel negare alcuna possibilità di accordi con partiti attualmente rappresentati in questo parlamento auto-referenziato e che ha abdicato alle responsabilità nei confronti degli elettori. Anche se il PDL si chiamerà Popolo del FVG, per noi resterà sempre quel PDL che si è fatto sottrarre parti importanti di quell’autonomia che ci deriva dalla Costituzione e che è stata sacrificata nell’interesse del “partito caserma”. Stesso dicasi per tutti gli altri e per tutti quelli che svendono quotidianamente il progetto della specialità nel solo interesse del proprio partito e degli interessi economici romani o milanesi. L’operazione di riesumare ciclicamente vecchi simboli dell’autonomismo friulano per crearsi una “stampella” elettorale ci lascia completamente indifferenti. In questo contesto di “Caporettiana” memoria, se andrà in porto questo singolare modello autonomista, sarà divertente sentire le giustificazioni di questi centralisti che fino a ieri hanno sostenuto le tesi dell’accorpamento delle Aziende Sanitarie, dell’Ater, dell’Erdisu, delle Camere di Commercio, degli Enti Fiera e dell’Università oppure i 370 milioni di euro ceduti a Tremonti senza battere ciglio. Acrobazie degne del peggiore trasformismo come un gatto che si arrampica su un vetro insaponato. Non abbiamo bisogno di “burattinai” esterni, ma meno che meno interni quindi noi, veri autonomisti ed indipendentisti, porteremo avanti con coerenza la nostra battaglia per un Friuli autonomo ed indipendente da qualsiasi organizzazione partitica nel solo interesse della nostra Terra, aperti alle novità, ma rigorosamente chiusi ad ogni accordo sia strategico che politico con coloro i quali hanno occupato le Istituzioni nel solo interesse dei rispettivi partiti. Avremo un unico interesse da difendere con le unghie e con i denti se è necessario: quello della Regione, quello della popolazione e la prerogativa della specialità per un rinnovato progresso economico nell’ottica del risparmio.