No alle centrali nucleari: soprattutto in zona sismica

Il disastro della centrale nucleare giapponese ha posto l’attenzione sui gravi rischi e le pesanti conseguenze che possono derivare da un incidente che colpisca un impianto e fatto riflettere il Governo sulle incognite che sono racchiuse in un possibile rilancio di un programma nucleare in Italia.
Gli argomenti che si portano a sostegno dell’energia nucleare sono per lo più i seguenti:
a) si tratta di ridurre la nostra dipendenza energetica dall’esterno, dato che tutti i prodotti energetici, come gas, carbone, petrolio devono essere importati da altri paesi;
b) bisogna ridurre la nostra bolletta energetica dato che l’energia nucleare presenta costi più bassi;
c)    si tratta di ridurre le emissioni di anidride carbonica legate ai processi di combustione.
Unico argomento convincente è quest’ultimo. Per il resto si deve considerare che l’Italia non ha giacimenti di uranio e quindi dovrebbe comunque dipendere dall’estero; va inoltre considerato che la produzione si concentra su pochi paesi, il che può riprodurre situazioni di oligopolio simili a quelle esistenti per gli idrocarburi. Per quanto riguarda il secondo argomento, una attenta analisi dei costi di gestione degli impianti postmortem, di smaltimento delle scorie radioattive, degli oneri si sicurezza e dell’approvvigionamento della materia prima, che finora era relativamente conveniente, ma che andrà ad allinearsi necessariamente con i prezzi del petrolio, portano i costi dell’energia elettronucleare a livelli simili a quelli legati all’impiego del gas e del petrolio, rimanendo solo lievemente inferiori a quelli dell’olio combustibile.
Per quanto si possano migliorare i sistemi di sicurezza e giurare che gli impianti di nuova generazione sono assolutamente sicuri, la scelta nucleare appare assai pericolosa per due ordini di motivi: a) in caso di incidente, pochissimo probabile ma comunque possibile, esso si traduce nell’emissione nell’atmosfera di particelle radioattive che non possono essere controllate: la sua diffusione dipende dai processi atmosferici che non sono controllabili;
b) la produzione di scorie la cui radioattività si estingue dopo migliaia di anni; per quanto sicuri possano essere i siti di immagazzinamento, si tratta pur sempre di produrre materiali i cui effetti letali non sono estinguibili.
Per queste ragioni riteniamo che l’opzione nucleare non sia accettabile e che si debba puntare con forza e impegno di mezzi finanziari importanti sulle energie alternative e soprattutto sulle energie rinnovabili e in particolare su quelle solari.
La crisi giapponese arriva nel momento opportuno, in quanto il Governo italiano si apprestava a rilanciare un programma nucleare e a individuare i siti per la costruzione di un certo numero di centrali (mediamente una per regione). Per la nostra regione indiscrezioni diffusesi recentemente individuavano tra i siti possibili Monfalcone (una città di oltre 30 mila abitanti!), il basso Tagliamento (in prossimità di Lignano o di Bibione!), o il medio Tagliamento (tra Spilimbergo e Latisana).
Il Presidente della Regione, riconoscendo la difficoltà di individuare un sito accettabile nel territorio della nostra piccola e abitatissima regione, ha proposto di partecipare al raddoppio della centrale slovena di Krsko, che è collocata in zona sismica e che si trova a circa 150 chilometri dalla nostra regione. Invece di chiederne il raddoppio, farebbe bene a unirsi all’Austria che va chiedendo alla Slovenia di smantellarla, proprio per la sua posizione in zona sismica e a breve distanza dal confine austriaco.


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