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Separare il Friuli da Trieste

La natura artificiale della nostra regione, che è provata dal nome stesso che dimostra come nel 1947 si siano volute inserire in un unico quadro istituzionale due realtà profondamente diverse, emerge con forza in questi giorni, in cui le forze politiche devono operare una scelta sulle candidature comunali, e in particolare su quella a Sindaco del Comune di Trieste per il PdL.
Qui il partito si è dichiarato in misura quasi unanime a favore della candidatura del consigliere regionale Tononi, mentre i vertici nazionali e regionali sia del PdL che della Lega si sono dichiarati per l’ex Presidente della Giunta regionale, nonché già Sottosegretario agli Esteri e Coordinatore nazionale di Forza Italia Roberto Antonione. Senza voler entrare nel merito di questa scelta, che riteniamo debba competere unicamente ai rappresentanti politici triestini, che hanno visto al lavoro il Senatore che non ha dato certo prove di attivismo, va ricordato che i vertici regionali del PdL e della Lega sono espressione delle due province friulane di Pordenone e di Udine. I triestini rivendicano con forza la loro autonomia e respingono le intromissioni dei coordinatori regionali che non dovrebbero farsi portatori di istanze extracittadine o di impulsi romani. La contrapposizione e la protesta triestine si sono spinte fino alla affissione di manifesti sui muri della città in cui si protesta contro le intromissioni friulane, e fino ad adombrare il distacco dei consiglieri regionali triestini e la costituzione di un autonomo gruppo consiliare in Consiglio regionale. Il PdL appare lacerato a livello regionale, a seguito della giustificata protesta dei quadri e dei rappresentanti triestini del partito che rivendicano la piena responsabilità e autonomia nella scelta del candidato Sindaco.
Anche questo episodio dimostra i danni che la aggregazione di due realtà culturalmente, economicamente e politicamente tanto diverse come il Friuli e Trieste viene a provocare per le due comunità regionali. Bisogna lucidamente prendere atto della insostenibilità della situazione, e garantire piena autonomia alle due entità. La strada è quella del Trentino-Alto Adige: da una parte il Friuli, con la sua Comunità delle Province Friulane, e dall’altra Trieste, con la sua Città metropolitana. Ne avremmo da guadagnare tutti.

Cipe e Regione: nessuna grande infrastruttura per il Friuli

Una débacle per la Regione la delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, Cipe, di giovedì 18 novembre. Nell’elenco delle opere per 21 miliardi approvate, non un intervento infrastrutturale riguardante il Friuli Venezia Giulia è stato preso in considerazione.

Per il Friuli poco male, perché nessuna delle opere di cui la Regione chiedeva il finanziamento riguardava il Friuli: si trattava infatti della piattaforma logistica del Porto di Trieste, e dell’Alta Velocità Mestre-Trieste, un’opera che forse è utile a livello europeo, ma che per la Bassa Friulana comporterà solo una devastazione del territorio.

Quanto contano gli interessi triestini negli uffici e nei centri di decisione della Regione appare con estrema chiarezza anche in questa occasione. Il  Friuli attende da decenni opere importanti, quali la strada Gemona-Cimpello, necessaria per collegare l’Alto Friuli con l’Autostrada Venezia Trieste senza dover passare per Udine, oppure i due trafori della Mauria e del Monte Croce Carnico, necessari per aprire le vie di comunicazione della Carnia con il Cadore e la Carinzia, consentendole di uscire da uno storico isolamento, oppure le opere di adeguamento delle infrastrutture stradali e ferroviarie necessarie alla realizzazione del Corridoio Adriatico-Baltico, ben più strategico per il Friuli che il corridoio Cinque il quale si limiterà a passare sul territorio friulano senza interconnessioni di rilievo.

Quando i friulani prenderanno in mano il loro destino, e cesseranno di avallare gli interessi del capoluogo giuliano?