GARIBALDI IL PRIMO VERO AUTONOMISTA DELLA STORIA ITALIANA.

In occasione del “Bicentenario” di Giuseppe Garibaldi, la Lega Nord aveva liquidato il Generale come “un fautore dello Stato centralista”, alleato di Cavour e Vittorio Emanuele contro il progetto federalista di Carlo Cattaneo. Roberto Castelli non è De Felice, ma l’esponente di un movimento nato dal delirio di onnipotenza di un signore del Varesotto diplomato alla Radioelettra. Ma hanno ragione? Garibaldi non era certo un esperto di questioni istituzionali. Durante l’occupazione della Sicilia, affidò l’organizzazione amministrativa a Francesco Crispi, animatore della rivoluzione del ’48. Crispi sosteneva la specificità degli istituti isolani. Aveva sposato la causa dell’unità italiana, quale soluzione e garanzia per la conquista delle libertà e dei diritti dell’isola. Da fautore del sicilianismo democratico e dell’autogoverno locale, si era avvicinato alle tesi federaliste di Cattaneo. Questi, a sua volta, guardava con interesse all’esperimento garibaldino, in vista di un assetto decentrato del futuro Stato unitario. Per questo raggiunse Garibaldi a Napoli, accettandone l’offerta di collaborazione. Alla fine, non saranno certo il Generale e Crispi a cedere all’annessione per plebiscito e all’assunzione della legislazione piemontese in tutta la penisola. Fu piuttosto l’intelligenza politica di Cavour a spiazzarli. Le proposte di decentramento amministrativo, elaborate dal governo garibaldino, non furono mai esaminate dal Parlamento post-unitario ed anzi Garibaldi lasciò detto Parlamento sia per la delusione di averlo reso “straniero in Patria” cedendo Nizza, sia perché si era giocato la faccia promettendo autonomie che non sono state rispettate dal centralismo dei Savoia. I leghisti sono disinformati. Pur finanziata dal Regno, la spedizione dei Mille fu organizzata dai rivoluzionari siciliani in esilio. Crispi convinse Garibaldi a guidarla e centinaia di volontari vi si unirono a Marsala. Se mai fosse sottratto alle deformazioni strumentali, il dibattito sul Risorgimento farebbe emergere il problema che ci troviamo ancora dinanzi: fare l’Italia. Questo Paese sempre più disgregato, preda di particolarismi e spinte corporative, è sull’orlo della dissoluzione. Serve uno Stato moderno, senza sperequazioni territoriali e localismi, senza questioni meridionali e settentrionali, ma con una vera autonomia che permetta la responsabilizzazione anche delle Regioni meno virtuose. I Leghisti da sempre sparano a zero su Garibaldi ed oggi, con l’avvicinarsi del 150° anniversario dell’unità d’Italia, mi sono preso la briga di controllare le Province di provenienza dei 1077 Garibaldini: BERGAMO 15,35%, GENOVA 13,21%, MILANO 5,95%, PAVIA 5,21%, BRESCIA 5,12%. Ma vi rendete conto che l’Italia la hanno fatta i “PADANI” e che probabilmente i loro “nipotini” nemmeno lo sanno?

Gianni Sartor

Coordinatore del Movimento Autonomista Friulano

Provincia di Pordenone

Il Friuli non è “Padania”

Le polemiche di questi giorni scatenatesi tra esponenti leghisti e finiani della maggioranza che governa il paese, offrono l’occasione per precisare la posizione del Friuli a questo riguardo. Hanno ragione coloro che sostengono che la Padania è una mera espressione geografica, priva di seri riferimenti di natura storica e culturale, che non siano solo quelli dell’avversione al Sud che è visto come un peso per l’Italia, che sarebbe il vero motore produttivo del paese, mentre il meridione si nutrirebbe solo di vocazioni parassitarie.

Non è questa la sede per affrontare i problemi del sottosviluppo del Sud e delle molteplici forme di sfruttamento che il Nord ha esercitato storicamente nei confronti delle regioni meridionali. Va detto che, al di là delle interpretazioni del significato di Padania, è sicuro che il Friuli non ha mai fatto né fa parte di questo territorio. Dal punto di vista geografico, il Friuli non è Padania, perché le sue acque sfociano tutte direttamente nell’Adriatico, senza contribuire ai flussi del Po.

Dal punto di vista storico i rapporti con le regioni padane – quando vi sono state – sono risultate più conflittuali che non di collaborazione: si ricordi che le milizie patriarcali hanno sempre combattuto dalla parte dell’Imperatore, contro i comuni lombardi e che i reggimenti friulani hanno contributo alla repressione dei moti lombardi del Quarantotto. Dal punto di vista culturale, i valori e i comportamenti sono più vicini a quelli del Centroeuropa che a quelli lombardi e piemontesi. E infine che dal punto di vista linguistico il Friuli si differenza nettamente dalle altre regioni settentrionali, dove si parla una congerie di dialetti italiani, mentre qui si parla una lingua ladina riconosciuta come tale sia a livello nazionale che internazionale.

Il Friuli non è Padania, e di questo tutti i friulani dovrebbero prendere piena coscienza, rivendicando il loro status di comunità autonoma e libera dai condizionamenti che arrivano da Milano.

La contraddizione dell’acqua

Chiusaforte è un comune situato nel Canal del Ferro, circondato dalle montagne e attraversato dal fiume Fella e dal torrente Raccolana. Lungo i 22 chilometri dell’abitato, che partono dalla frazione Roveredo e vanno sino alla frazione Sella Nevea, si osservano, a un intervallo di non oltre cento metri uno dall’altro, ruscelli o cascate dove scorre l’acqua continuamente in ogni stagione dell’anno. Chiusaforte è stato dotato dal buon Dio solo di aria buona e di acqua sorgiva salutare. L’acqua è un bene considerato tanto grande che il Comune stesso ha fatto installare, all’inizio del paese arrivando da Udine, un apposito spazio dove ha fatto fluire due tubazioni che distribuiscono acqua incessantemente giorno e notte. Ha inoltre fatto costruire un gazebo, installato alcuni tavoli e panche, messo un cassonetto rifiuti perché la gente possa sostare e rifornirsi gratuitamente di un bene tanto necessario. Si possono osservare durante la giornata file di automobili e camioncini sostare per fare rifornimento di acqua. Ci sono persone della zona e dei paesi vicini che abitualmente riempiono decine e decine di bottiglie e bottiglioni per trasportare nelle loro case o nelle loro attività questa acqua considerata di ottima qualità. Le descrizioni dianzi annunciate fanno pensare che la popolazione di Chiusaforte abbia il diritto di godere di questo bene gratuitamente e illimitatamente. Invece cosa succede. Carniacque Spa prende in appalto la gestione delle acque di Chiusaforte. Non tiene conto che l’acqua è un bene di Dio distribuito gratuitamente e decide di far pagare l’acqua a peso d’oro (direi a litri d’oro se l’oro fosse liquido) come se fosse diventata la depositaria in terra dell’acqua che è poi distribuita alla gente perché possa bere, cucinare o lavarsi. Per fare un esempio: la bolletta per la gestione Carniacque del servizio idrico 2008 esponeva un importo di euro 45,73, invece l’ammontare della bolletta per la gestione successiva 2009 a pari consumo è divenuto di euro 109,40 con un aumento del 139%. Impressionante. Ma l’inflazione, è vero o non è vero, che è al di sotto del 2%? Così l’abitante di Chiusaforte si vede costretto a pagare ciò che il buon Dio aveva assegnato gratuitamente a lui dai tempi dei tempi. E lo paga come se vivesse in un deserto e l’acqua fosse distribuita da acquedotti che partono dalla Russia come fossero forniture di gas. Esiste nella Regione Friuli un’autorità tutoria che difenda la gente friulana da questo assalto incomprensibile alle tasche dei poveri contribuenti? Se esiste si faccia viva! Un’ultima osservazione: a Chiusaforte il canone televisivo costa meno dell’acqua, anche la Tarsu (1 euro il metro quadrato) costa meno dell’acqua. Chiusaforte è un paese poco abitato, ma molto costoso. Aiutateci!

Elio Martina

Chiusaforte

Una Associazione di iniziativa e cultura politica per l’autonomia friulana: Identità Innovazione

Identità Innovazione – Associazione per l’Autonomia del Friuli è un’associazione di cultura e iniziativa autonomista fondata nel 2005 con lo scopo di diffondere una coscienza autonomista a tutti i livelli della società e del territorio friulani, al fine di rivalutare tutti gli aspetti della identità friulana, e di trovare e applicare tutti gli strumenti necessari per bloccare e invertire le tendenze alla snaturalizzazione della comunità del Friuli, poste in essere dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dagli uffici dello Stato e dalle strutture scolastiche, e dalle spinte verso la globalizzazione. Il tutto inserendosi in un filone di pensiero politico moderato e popolare, che rifiuta ogni posizione estremista, ma che si schiera con forza a favore della rivendicazione degli interessi della comunità friulana. L’Associazione è nata nella consapevolezza che i problemi fondamentali che indeboliscono la comunità friulana sono i seguenti:

· l’insufficiente livello di coscienza del valore della comunità friulana, come entità distinta dalle comunità contermini, cui si legano i complessi di inferiorità e di sudditanza ancora troppo diffusi;
· la dipendenza da un capoluogo regionale, Trieste, assolutamente estraneo ai valori, comportamenti, cultura e lingua del Friuli;
· la presenza di un sistema scolastico che diffonde una concezione riduttivistica, quando non apertamente ostile, riguardo alla lingua e identità friulana, considerata ancora un dialetto o una parlata di rango inferiore, non meritevole di attenzione, malgrado quanto sancito dalla Costituzione e dalla legge sulle minoranze linguistiche, la Legge 482/1999.
L’Associazione intende chiamare a raccolta i friulani che sono orgogliosi di essere tali per realizzare una grande opera di risveglio della coscienza friulana, attraverso:
· il lancio di iniziative concrete di animazione sul territorio;
· la costruzione di una rete autonomista su tutto il territorio del Friuli: una rete di aderenti e di strutture locali in grado di sviluppare una continua azione diretta a contrastare il centralismo e la snaturalizzazione.

IDENTITA’ E INNOVAZIONE
Associazione per l’autonomia del Friuli
Associazion pe autonomie dal Friûl
Casella Postale Udine Centro n. 166 – Cell. 334 5935313
identitaeinnovazione@libero.it – www.identitaeinnovazione.it

Novità per il Friuli

Il trasferimento delle competenze statali sull’Università alla Regione.
Un forte indebolimento del ruolo dell’Università di Udine e della sua autonomia viene a delinearsi con l’orientamento regionale a seguire il modello trentino e a chiedere il trasferimento del Fondo Ordinario di Finanziamento delle Università alla Regione.Nel loro consueto provincialismo e nella pervicace superficialità e incompetenza la classe politica regionale va orientandosi verso l’acquisizione delle competenze in tema di Università (si vedano le dichiarazioni dell’ex assessore regionale Rosolen e dell’Presidente della Commissione Paritetica per le norme di attuazione dello Statuto Giovanni Collino). Se dovessero prevalere tali tentazioni pseudo autonomiste, si avrebbero due risultati fondamentali.
Innanzitutto si verrebbe a ledere le caratteristiche di autonomia dell’Università, che finora è stata sottratta ai tentativi lottizzatori dei partiti politici: se i finanziamenti dovessero dipendere dalla Regione, come farebbe un rettore o un preside a resistere alle influenze dei partiti politici e alle pressioni del Presidente o dell’Assessore regionale di turno? In secondo luogo si porterebbe un grave danno all’Università di Udine, che è fortemente sotto finanziata, mentre quella di Trieste è sovra finanziata: da una parte è illusorio che la Regione trovi la forza di togliere risorse finanziare a Trieste per darle a Udine; dall’altra parte in questo modo si bloccherebbe il finanziamento totale alle università regionali ai livelli attuali, e l’Università di Udine non potrebbe giovarsi delle risorse aggiuntive che le dovrebbero essere assegnate in forza delle manovra di riequilibrio che dovranno trovare prossimamente attuazione.
L’esempio trentino appare confermare queste considerazioni: le influenze politiche si fanno sentire in modo significativo sull’Università di Trento, che peraltro non è sotto finanziata e che oltretutto è l’unica nella Provincia Autonoma, e non deve competere con altre Università per i finanziamenti regionali.

Si tratta di un grave pericolo per l’Università di Udine, contro il quale va mobilitata l’opinione pubblica friulana.

martedì 15 giugno 2010

Associazione per l’Autonomia del Friuli “Identità e Innovazione”

Valcanale e canal del ferro