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L’alta velocità al servizio di Venezia e Trieste

In questi giorni le Ferrovie hanno finalmente consegnato alla regione il
progetto preliminare per la costruzione delle linea ferroviaria ad Alta
Velocità e ad Alta Capacità prevista nell’ambito delle opere legate al
Corridoio Cinque, aprendo così le consultazioni con i comuni interessati.
Com’è noto la grande opera aveva aperto un vivace dibattito nella Bassa
Friulana e nel Monfalconese a causa del pesante impatto sul territorio che
l’opera prevedeva. L’opposizione non all’opera in sé, ma alle modalità
progettuali previste, guidata in particolare dal sindaco di Villa Vicentina
Mario Pischedda e di Porpetto Cecilia Schiff, che si erano rifiutati di
sottoscrivere il protocollo d’intesa richiesto dalla regione, hanno avuto
qualche risultato, nel senso che vi sono previsti alcuni miglioramenti nel
tracciato e soprattutto si evita di attraversare interamente in galleria, fino a
raggiungere la stazione di Trieste, il Carso, con tutto l’incredibile spreco di
risorse finanziarie e i rischi per l’integrità del Carso che tale soluzione
avrebbe comportato.
Questo insegna che non si devono mai accettare acriticamente i progetti
elaborati in qualche remoto ufficio di progettazione, lontano dal territorio e
da una conoscenza puntuale delle situazioni urbanistiche e ambientali
locali, ma che si deve aver il coraggio di porre in discussione ogni aspetto
dei progetti proposti.
Forse torneremo ancora sull’argomento, una volta preso in esame in modo
circostanziato il progetto.
In questa sede vanno fatte alcune considerazioni preliminari.
Innanzitutto l’opera non può portare alcun beneficio per la Bassa Friulana e
per il Friuli nel suo complesso, dato che non sono previste fermate
intermedie tra i due capoluoghi. I treni sfrecceranno sulla nostra pianura ad
alta velocità senza lasciare alcun beneficio alle economie locali, il che
significa che le amministrazioni dovranno pretendere rigorose misure di
mitigazione degli inconvenienti recati al territorio (acustica, indennizzi per
demolizioni, attraversamenti della linea), e interventi di compensazione
per i danni recati alle comunità locali.
In secondo luogo si ammette che le nuove opere saranno finalizzate quasi
esclusivamente – in regione – allo sviluppo del porto di Trieste, e quindi di
scarso interesse per il Friuli. La linea esistente è comunque utilizzata per
neanche il 50 per cento della sua capacità (appena quattro treni al giorno
generati dal porto di Trieste), per cui i tempi di realizzazione saranno assai
lunghi: si pensi che la tratta Ronchi-Aurisina sarà completata entro il 2020,
e quella Aurisina-Trieste entro il 2031.
In terzo luogo va considerato che anche se i tempi si profilano assai
lunghi, le scelte progettuali si effettueranno sia pure in linea di massima
nell’anno corrente, per cui bisogna fare estrema attenzione a non far
passare scelte che si traducano in gravi guasti per il territorio. Gli
autonomisti, che coniugano la difesa dell’identità locale alla conservazione
delle risorse ambientali ed al corretto utilizzo delle risorse finanziarie che
sono sempre più scarse, dovranno vigilare affinché non vengano provocati
ulteriori scempi ad un territorio che merita di preservare.