MANIFESTO PROGRAMMATICO


Premessa

 

Il presente documento intende tracciare le linee fondamentali dei principi, delle finalità e degli obiettivi che giustificano la costituzione e l’operatività di un movimento politico che si propone di dare corso alle aspirazioni di autonomia che sono nutrite dalla comunità friulana, e che traggono origine da una cultura locale fortemente radicata nel modo di pensare e di comportarsi dei soggetti e delle famiglie che appartengono a tale comunità, o meglio alle tante e piccole comunità che formano complessivamente il popolo friulano.

Per popolo friulano si intende il complesso di soggetti che risiedono nel territorio che è compreso tra il Livenza e il Carso, e che sono accomunati non tanto da una lingua, quella friulana, strutturalmente diversa da quella italiana o dalle sue varianti, cui si aggiungono altre comunità che sono tradizionalmente friulane, ma che parlano lingue di derivazione tedesca o slava, o comunità di parlata veneta fortemente radicate nelle località di insediamento o in qualche modo collegate con quella friulana, quanto da una comune coscienza di appartenere alla stessa realtà storica, sociale e culturale.

La collocazione marginale rispetto alla penisola e alla Padania, la sua posizione di interconnessione culturale, economica e infrastrutturale rispetto al mondo germanico e slavo, una tradizione ecclesiastica e statuale che trova il suo nucleo originario nell’unico Patriarcato presente in Occidente ad esclusione di quello romano, l’esperienza plurisecolare di autogoverno espressa da uno dei più antichi parlamenti europei, il Parlamento della Patria del Friuli, una struttura insediativa fondata su una grande molteplicità di piccole comunità, una cultura della lealtà, della riservatezza, del rispetto per gli altri, della responsabilità, della concretezza, dell’impegno e della operatività, l’influenza di un territorio montano che comprende quasi la metà del territorio e che condiziona sensibilmente gli orizzonti mentali di quote significative di popolazione, sono tutti fattori che hanno sviluppato una cultura dell’autogoverno e dell’autonomia che rappresenta una delle caratteristiche più evidenti e profonde della realtà friulana.

La coscienza di essere un popolo distinto dagli altri, l’orgoglio di avere conservato una propria identità nei secoli malgrado il succedersi di dominazioni straniere o comunque estranee o sfruttatrici, la consapevolezza di essere in grado di risolvere i propri problemi con le proprie forze, senza dover attendere l’intervento dall’esterno, hanno animato alcuni momenti fondamentali della storia del popolo friulano. La conservazione di una lingua ladina per circa un millennio malgrado l’influenza delle classi dirigenti che si sono espresse per secoli in tedesco, in veneto e in toscano, l’epopea dell’emigrazione che ha affermato le doti del popolo friulano in tante parti del mondo, la vicenda della ricostruzione del primo dopoguerra, la grande prova di impegno dimostrata dopo il disastroso terremoto del 1976, l’affermazione di un sistema produttivo fondato sulla piccola e media impresa che ha fatto in pochi anni del Friuli una delle regioni europee più sviluppate, la costruzione di una università che è tra le più affermate d’Italia, rappresentano altrettanti momenti in cui i friulani hanno saputo affermare le proprie qualità di popolo di costruttori.

A tale cultura autonomistica non corrispondono strumenti altrettanto forti sul piano politico e su quello istituzionale. E’ necessario dotare la comunità friulana di strutture istituzionali che ne esaltino le capacità di autodeterminazione e di una struttura politica che sia in grado di ottenere tali strumenti e di mobilitare attorno ad essi la convinta adesione popolare.

L’autonomismo

 

L’autonomismo rappresenta una corrente del pensiero politico che privilegia i processi di decisione politica e di organizzazione sociale che siano alimentati dal basso, secondo una applicazione rigorosa del principio di sussidiarietà, per il quale la responsabilità di risolvere problemi di natura sociale, di garantire i servizi ai cittadini, di determinare le decisioni politiche in sede di selezione delle classi dirigenti e di orientamento delle scelte e degli indirizzi di azione politica deve essere collocata ai livelli di base della struttura istituzionale e sociale. Vanno privilegiate le responsabilità e le attribuzioni da affidarsi alla cellula fondamentale della società che è costituita dalla famiglia; devono essere valorizzate le unità di base dell’assetto economico che è costituito dalle imprese, e soprattutto da quelle piccole e medie; il massimo di responsabilità deve essere garantito alle unità istituzionali più vicine ai cittadini che sono costituite dalle municipalità la cui rete deve seguire quanto più vicino possibile la struttura degli insediamenti. Solo per quelle funzioni per cui il livello di base sia insufficiente per ragioni di costi o di gestione, si deve passare a istituzioni sociali, economiche e pubbliche di livello superiore, vale a dire comprendenti aggregati sociali o estensioni territoriali di maggiori dimensioni. Dove la famiglia non riesce ad arrivare, intervengono le associazioni private o le istituzioni sociali; dove le imprese non trovano la possibilità di rappresentare specifiche esigenze, si deve passare alle associazioni di categoria o agli enti pubblici economici; dove i comuni, come attualmente dimensionati, non riescono a garantire in modo efficiente servizi pubblici di area vasta, si passa ad aggregazioni intermedie di comuni (definibili mandamento, circondario, distretto, comunità) e quindi alle province o associazioni delle stesse.

L’autonomismo si contrappone ad assetti pubblici accentrati, che non tengano conto delle esigenze di corretta articolazione dei poteri, e di assegnazione delle funzioni che non siano quanto più possibile collocate in prossimità dei gruppi sociali che generano i bisogni collettivi da soddisfarsi dalle istituzioni pubbliche. Ogni comunità, definita secondi criteri di prossimità territoriale o di omogeneità linguistico-culturale e socio-economica, deve essere dotata di proprie istituzioni pubbliche, caratterizzate dal massimo grado di sovranità e sottoposte al permanente controllo dei cittadini.

L’autonomismo pone al centro delle sue preoccupazioni la ricerca di soluzioni istituzionali, politiche, economiche e sociali che riducano al minimo i legami o le situazioni di dipendenza di una comunità o di un territorio da realtà e da centri di decisione esterni o superiori. Ogni soluzione deve essere valutata alla luce del principio che deve essere la gente, devono essere le comunità ad essere partecipi delle scelte che le riguardino, il che significa che anche le più piccole comunità devono vedersi garantite forme di autoamministrazione e di autogoverno, per le funzioni che possano essere esercitate validamente a quel livello, attraverso strumenti diretti di espressione delle loro volontà e dei loro interessi. Ne consegue il rifiuto a situazioni di accentramento locale attraverso la fusione di piccoli comuni, o la soppressione di forme di rappresentanza e di gestione degli interessi pubblici a livello di quartiere nei grandi centri urbani, o di aggregazione di regioni storiche in più vaste realtà regionali. I costi di apparati amministrativi diffusi possono essere compensati dalle economie che si realizzano con una più attenta distribuzione delle funzioni pubbliche ai vari livelli dell’amministrazione locale, e soprattutto con i vantaggi che se ne ricavano di rapidità nelle decisioni e del largo ricorso all’impegno volontario degli amministratori che le responsabilità di cui vengono investiti di fronte alla gente riescono a mobilitare. Ciò non significa isolarsi da altre realtà esterne o più ampie, ma rafforzare il ruolo e le capacità di crescita delle singole comunità e dei singoli territori che devono confrontarsi e dialogare con le altre realtà di pari livello, o di livello superiore per dimensioni, da posizioni di forza e senza la funzione distorcente di legami di dipendenza manifesti o occulti, istituzionali o culturali o economici.

L’autonomismo è la forma più alta di democrazia, perché pone l’accento sulla definizione delle singole comunità - di base o di sintesi secondo criteri di omogeneità culturale e sociale - all’interno delle quali va esercitato il metodo democratico per l’assunzione di scelte politiche, in modo da evitare che la volontà delle comunità di minori dimensioni venga assorbita ed annullata dalle scelte delle comunità più ampie.

L’autonomismo è cosa diversa dal federalismo, che propriamente descrive un processo di aggregazione e di convergenza di realtà istituzionali distinte e sovrane in una istituzione federale o confederale, perché afferma l’esigenza di garantire una vita istituzionale propria alle singole comunità, senza vincoli di subordinazione da altre realtà o centri di decisione esterni o superiori che non siano imposti da esigenze sicuramente individuate, verificate e provate di esercizio comune di funzioni e di attività, secondo un principio rigoroso di sussidiarietà, in modo da garantire autonomia su tutte le materie, tranne su quelle che concordemente le entità federate decidono, per motivi di efficacia ed economicità, di devolvere, in senso ascendente, alla federazione.

L’autonomismo è cosa diversa dal regionalismo nel momento in cui questo si muova per introdurre elementi di suddivisione di un territorio o di potenziamento di tali suddivisioni e per avviare processi di rafforzamento delle stesse, sulla spinta di esigenze di decentramento che non tengano conto delle ragioni storiche, culturali ed economiche che giustificano l’autonomia delle singole comunità.

Autonomismo, federalismo, regionalismo e sussidiarietà convergono quando pongono al centro delle loro attenzioni l’esigenza di garantire i massimi livelli di autonomia ad una comunità omogenea per cultura, storia, economia e sentimento di appartenenza.

L’autonomismo friulano

L’autonomismo in Friuli presenta caratteristiche originali perché storicamente non ha potuto porsi il problema di garantire più ampi livelli di autonomia ad una provincia o ad una regione già costituite per varie contingenze storiche, come in altre parti d’Europa o d’Italia, ma ha dovuto e deve lottare per il diritto della comunità friulana di vedersi riconoscere una entità istituzionale e rappresentativa propria, superando le situazioni di immersione in realtà amministrative o istituzionali eterogenee culturalmente ove comunque i centri di decisione erano e sono collocati all’esterno della realtà friulana, con la conseguenza che il proprio diritto all’esistenza e al futuro era costantemente messo in discussione o comunque compromesso da logiche di potere politico, economico e culturale esterne e spesso contrapposte agli interessi friulani. Mentre altrove, come in Trentino, in Val d’Aosta, in Alto Adige, in Catalogna, in Baviera, le realtà istituzionali erano saldamente controllate dalle rispettive comunità, da decenni o da secoli il Friuli è stato inserito in ambiti territoriali eterogenei dove comunque i centri di decisione erano collocati al suo esterno: Venezia prima, Trieste dopo hanno svolto storicamente una potente funzione di snaturalizzazione e di compromissione degli interessi, dei valori e degli elementi di identificazione del Friuli.

L’autonomismo friulano ha dovuto pertanto muoversi verso la rivendicazione delle caratteristiche originali della comunità friulana, la costruzione di strumenti funzionali a questa esigenza legata alla sopravvivenza stessa del Friuli, ad una azione diretta a ridurre i legami di dipendenza verso l’esterno. Certamente sono importanti le azioni dirette ad elevare i gradi di autonomia della Regione Friuli Venezia Giulia, sorta ad opera dell’impegno delle rappresentanze parlamentari del Friuli in seno alla Costituente, che poi è stato stravolto dall’esigenza di attribuire un ruolo all’allora Territorio libero di Trieste, ma ancora più importanti le iniziative e le politiche dirette alla crescita autonoma del Friuli come entità dalle caratteristiche originali e irrinunciabili.

Il percorso cui l’autonomismo friulano ha dato contributi importanti passa attraverso numerose tappe di cui tre sono fondamentali: la costituzione della Università di Udine come autonomo centro di formazione e di ricerca, risultato di un lungo processo storico condotto avanti con tenacia dalla comunità e dalle istituzioni friulane, il riconoscimento della lingua friulana da parte dello Stato con la legge 482/1999, con il quale il friulano è passato da uno stato indefinito di parlata locale, il cui carattere di lingua era riconosciuto solo a livello scientifico, al rango di lingua degna di forme importanti di sostegno e di tutela, alla pari delle comunità linguistiche che hanno alle loro spalle uno stato sovrano (la tedesca, la francese, la slovena, l’albanese, la greca); e infine la costituzione della Comunità delle Province Friulane, a cura delle Province di Pordenone e di Udine, che è destinata a trasformarsi in un potente strumento di crescita della comunità friulana.

Questi risultati sono il frutto di un lungo lavoro di animazione e di impegno portato avanti da personaggi importanti che hanno dato luogo ad organizzazioni e movimenti politici di notevole peso. Si pensi alle prime iniziative lanciate da Achille Tellini negli anni Venti, alla costituzione nel secondo dopoguerra dell’Associazione per l’Autonomia Friulana di Tiziano Tessitori, al Movimento Popolare Friulano di Gianfranco d’Aronco, la cui costituzione in partito avrebbe potuto cambiare completamente il panorama politico del Friuli, del Movimento Friuli di Fausto Schiavi e di don Francesco Placereani, al Comitato per l’Università Friulana di Tarcisio Petracco e ai tanti organismi che l’autonomismo friulano ha saputo esprimere negli ultimi decenni, ottenendo singoli risultati di notevole importanza, senza peraltro riuscire a formare una rappresentanza permanente e organica degli interessi della comunità friulana. Bisogna pertanto trovare le vie per aggregare gli autonomisti, convincere più larghi strati di popolazione che solo l’autonomia garantisce gli interessi locali immediati e di lungo periodo, individuare le modalità per produrre il distacco degli elettori dai partiti tradizionali legati ai grandi centri di potere romani o lombardi o giuliani.

Ora riteniamo che i tempi siano maturi per la costituzione di un movimento politico che sappia indicare le strade per una tutela degli interessi del Friuli, che non si fondino su rievocazioni nostalgiche di una realtà sociale e culturale non più esistente, ma che individuino itinerari di sviluppo e di modernizzazione che sappiano reinterpretare i tratti distintivi della cultura friulana alla luce di un pieno e convinto inserimento nella civiltà delle alte tecnologie, della società della conoscenza, dell’internazionalizzazione, della formazione di una entità europea confederale. Presenza e attenzione nei riguardi delle piccole comunità che formano tuttora il Friuli con tutte le loro specifiche identità, ma piena valorizzazione delle opportunità offerte dai cicli della vita moderna e assoluta adesione a quanto di meglio la società attuale sappia offrire per la reinterpretazione di una millenaria identità culturale che rappresenta una delle tante ricchezze che compongono la civiltà europea.

Il Movimento intende dare risposte alle esigenze di crescita di nuove classi dirigenti che vanno emergendo a partire dai tanti laureati che si sono formati nell’Università del Friuli e che vanno qualificando il sistema delle imprese, delle istituzioni e della ricerca, immettendo nel sistema forti dosi di innovazione e potenti fattori di sviluppo.

Principi ispiratori


Alla luce di quanto detto, va precisato che il Movimento si riallaccia ad una cultura locale che trova le sue radici in un sistema policentrico, partecipativo, animato dai valori liberali e cristiani che ispirano la cultura europea; crede pertanto nei principi della dignità della persona e del metodo democratico di selezione dei governanti, nello Stato di diritto, nel pluralismo politico e culturale, nell’economia sociale di mercato che trae dalla competizione tra le imprese le condizioni di efficienza del sistema produttivo e da un adeguato insieme di regole e di contrappesi le garanzie per il mantenimento dei meccanismi concorrenziali da un lato e per eque condizioni di retribuzione del lavoro e di protezione sociale a garanzia dei soggetti più deboli economicamente, dall’altro; crede nella più rigorosa applicazione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale.

Il Movimento si riallaccia pertanto alle impostazioni di fondo di esperienze politiche significative sviluppate in singole regioni ove la salvaguardia delle identità locali si sposa con i valori del popolarismo europeo, quali il Partito autonomista trentino tirolese di Trento, la Suedtiroler Volkspartei dell’Alto Adige, l’Unione Valdostana, l’Unione Cristiano Sociale della Baviera, Convergencia Democratica della Catalogna, il Partito Nazionalista Basco e altre analoghe formazioni regionali.

In questo quadro di valori il Movimento persegue l’obiettivo di costruire una coscienza politica e un assetto istituzionale della Regione che garantisca l’autonomia e lo sviluppo del Friuli dal punto di vista istituzionale, amministrativo, culturale, economico e sociale; riconosce pertanto il Friuli, inteso quale comunità e territorio compresi tra il Livenza e il Carso, come entità autonoma, nel rispetto dell'ordinamento giuridico e istituzionale della Repubblica italiana, e considera l’identità friulana, in tutte le sue espressioni a partire dalla lingua, come valore fondante della comunità.

Gli obiettivi

Il Movimento è un organismo associativo che si impegna per una più vasta opera diretta a:

favorire il massimo sviluppo dell'autonomia istituzionale e della crescita culturale, economica e sociale del Friuli;

impegnarsi contro i persistenti tentativi di imporre una ideologia unitarista, basata su una istituzione regionale non appropriata, che tende ad annullare l’identità della comunità friulana e la sua autonoma nell’ambito regionale, a favore di una indistinta, omologante e artificiale comunità del Friuli Venezia Giulia, che deve essere e rimanere una mera circoscrizione amministrativa in cui si organizzano le due distinte comunità del Friuli e di Trieste; ed allo stesso tempo operare contro una strisciante concezione trivenetista che tende a rimettere in discussione l’autonomia speciale della Regione a favore di una macroregione in cui si annulli l’identità friulana; sostenere nel contempo le popolazioni del Portogruarese e di Sappada verso la ricomposizione dell’unità territoriale e istituzionale Friuli, e predisporre quanto necessario alla reintegrazione in Friuli delle comunità che, con gli strumenti previsti dalla legislazione, lo richiedono;

promuovere lo sviluppo delle componenti culturali e linguistiche che formano la comunità friulana e in particolare l’uso della lingua friulana, e delle parlate germaniche, slave e venete di antico insediamento, a tutti i livelli dei territori di riferimento; la presenza della minoranza linguistica friulana, che è maggioritaria in Regione, e delle minoranze germanofone, slavofone e venetofone, è da intendersi come vera e unica e seria giustificazione del regime di specialità garantita dalla Costituzione alla Regione;

perseguire la piena autonomia delle istituzioni scolastiche, le quali, nell’ambito di livelli qualitativi e di programmi quadro che devono essere omogenei rispetto a quelli nazionali, garantiscano ampi spazi all’insegnamento della cultura, della storia, dell’ambiente e della lingua del Friuli, che privilegino oltre all’italiano e all’inglese, lo studio della lingua friulana nelle aree friulanofone, garantiscano la conservazione delle parlate locali germanofone, slavofone e venetofone storiche, e tra le lingue straniere favoriscano lo studio del tedesco e di una lingua slava;

assicurare la piena integrazione degli immigrati nel corpo della società friulana, esigendo che chi viene da lontano e desidera inserirsi nella comunità friulana sia dotato di una posizione lavorativa e disponga dei fondamentali strumenti linguistici e culturali atti a favorirne il rapido e completo inserimento, pur nel rispetto della identità d’origine;

valorizzare il patrimonio di fondamentale importanza che è costituito dalle presenze friulane nel mondo, nate sia dalle dolorose esperienze dell’emigrazione imposte dalle difficili condizioni economiche e sociale di tanti territori friulani, sia dalle moderne esigenze di mobilità e circolazione di competenze professionali che caratterizzano l’attuale presenza dei friulani in tanti paesi del mondo; si tratta di una rete potente di presenze e di relazioni di cui l’economia e la società friulane devono fare tesoro;

garantire da parte della Regione un forte e permanente impegno finanziario a favore dell’Università del Friuli, come vero motore di sviluppo e di innovazione della società e della economia friulane;

dare corpo ad una politica della cultura che privilegi da un lato la conservazione e la valorizzazione dei segni più distintivi dell’identità friulana, costituiti dai beni culturali anche minori, materiali quali i beni architettonici e quelli storico-artistici, e quelli immateriali costituiti dal ricco patrimonio musicale, letterario, demoantropologico che costituiscono elementi fondamentali della identità friulana, e dall’altro la produzione locale di nuove elaborazioni culturali che inseriscano comunque il Friuli in ampi circuiti culturali europei e internazionali;

garantire l’autonomia della comunità friulana sotto tutti i profili, soprattutto dal punto di vista delle attività economiche, fondate sulla piccola e media impresa, dell’utilizzazione delle risorse energetiche rispetto alle quali si deve puntare all’autosufficienza ed evitarne lo sfruttamento da parte di altri sistemi economici, della valorizzazione delle risorse naturali, sia agricole che naturalistiche, dell’impiego delle risorse finanziarie provenienti dal risparmio delle famiglie friulane a fini di sviluppo delle attività economiche locali;

guadagnare per la comunità friulana alti livelli di autonomia anche nel campo della legislazione economica e tributaria, con potestà di incidere sui livelli della imposizione sia in termini di aliquote, sia in termini di tipologie di tributi, in modo da consentire alla economia friulana di reggere alla concorrenza delle regioni-stato confinanti, quali l’Austria e la Slovenia, nonché di affrontare con successo specifici problemi del proprio sviluppo, e in particolare quelli della montagna, che rendono necessario un abbattimento dei costi insediativi ed energetici;

assicurare elevati livelli di autonomia nel campo della gestione dei problemi della sicurezza, attraverso il potenziamento dei corpi di polizia provinciale e attribuzione agli stessi dei compiti e dei mezzi dell’attuale corpo forestale regionale;

garantire un sistema sanitario che assicuri omogenei livelli di assistenza a tutte le parti del territorio friulano, specie a quelle territorialmente più svantaggiate quali le montane, ed assicuri la presenza delle alte specialità e la formazione delle future professionalità sanitarie attraverso l’Azienda universitaria che sia distinta dall’Azienda ospedaliera;

  1. realizzare una radicale opera di abbattimento dei costi amministrativi, attraverso una ampia azione di delegificazione e di semplificazione delle normative vigenti, un ampio decentramento alle province friulane dei compiti gestionali e amministrativi e la soppressione dei residui apparati statali, quali le Prefetture, i cui compiti vanno trasferiti alle Province;

modificare l’attuale legislazione elettorale, sia politica che amministrativa, garantendo in particolare una unica circoscrizione elettorale per la Camera e il Senato per il solo Friuli, in modo da garantire una rappresentanza più omogenea per la comunità friulana;

provvedere al superamento del deficit di infrastrutture che caratterizza il Friuli, mediante la valorizzazione e riqualificazione delle strutture portuali, aeroportuali, ferroviarie e stradali esistenti e attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture che siano direttamente funzionali ad inserire elementi di coesione nel territorio friulano e creare convenienze e condizioni di competitività per il sistema produttivo; ogni nuova opera dovrà essere rigorosamente verificata sotto il profilo della convenienza e del rispetto del contesto ambientale, secondo il principio della minimizzazione del consumo di risorse ambientali non riproducibili;

valorizzare al massimo la cellula fondamentale della società che è costituita dalla famiglia; l’unità di base della vita amministrativa che è costituita dal Comune, che va valorizzato anche se di piccole dimensioni, come strumento indispensabile di rappresentanza delle comunità di qualsiasi dimensione, di partecipazione popolare alle scelte riguardanti la comunità e luogo di formazione delle decisioni e di espletamento del controllo sugli amministratori; la cellula fondamentale del tessuto economico di produzione di beni e di fornitura di servizi che è costituita dalla piccola e media impresa, caratteristica fondamentale del sistema economico friulano;

guidare le trasformazioni dell’ambiente secondo criteri rigorosi di risparmio delle risorse non riproducibili costituite dal territorio e dalle risorse naturali, che per l’alto grado di conservazione e l’armonico integrarsi degli aspetti naturalistici e degli interventi antropici formanti il paesaggio, rappresentano una delle caratteristiche precipue della realtà friulana: non esiste il Friuli senza la sua cultura e la sua lingua, come non esiste il Friuli senza la grande varietà di ambienti naturali che si compongono con gli interventi dell’uomo secondo alti gradi di qualità;

inserire saldamente il Friuli in ampi contesti internazionali, sia attraverso il rafforzamento dei legami con le contermini regioni dell’area tedesca e di quella slava, sia attraverso più stretti collegamenti a livello europeo, con le nazioni senza stato, e con i maggiori centri di conservazione e di produzione di cultura.

Conclusioni

 

Tale sistema di finalità e di obiettivi delinea un programma di rafforzamento della comunità friulana che deve essere posta nelle condizioni di trasmettere al futuro l’insieme di valori che essa incorpora, a beneficio delle realtà più vaste in cui essa è inserita.

La sua realizzazione comporta un complesso importante di benefici di cui anche i singoli soggetti che ne fanno parte possono giovarsi anche direttamente: l’autonomia fiscale consente di trattenere in loco quote importanti dei redditi che qui sono prodotti; l’autonomia economica garantisce alla comunità di gestire meglio le risorse di cui è dotata; l’autonomia amministrativa assicura risposte più rapide ed efficaci alle esigenze di servizi pubblici espresse dai cittadini e forme più trasparenti ed efficaci di controllo dell’operato degli amministratori; la distinzione tra gli apparati amministrativi delle due realtà che costituiscono la Regione, consente un più efficace uso delle risorse e soprattutto l’abbreviamento dei percorsi decisionali; l’autonomia energetica dà la garanzia di un migliore uso degli impianti esistenti e di un risparmio delle risorse naturali di cui è dotato il territorio; il riordino dell’amministrazione locale e la riforma dell’assetto e della gestione regionali garantisce un importante abbattimento dei costi da amministrazione, che nascono dalla rigidità dei processi e dalla forte burocratizzazione dell’apparato regionale, costruito sulla base dei peggiori modelli amministrativi statali.

Un compito ambizioso ci attende, da perseguirsi con decisione e forza, per restituire al Friuli quanto di meglio questa terra è in grado di esprimere.

29.7.2008